Appena entrato nella sua dimora, Horu potè scorgere la felicità della sua dolce moglie, Evelina, figlia di un valoroso cavaliere proveniente da sud, mingherlina di fisico, ma non di carattere, dolce nell’accudire i figli e viziare il marito, non altrettanto nel difenderli in pubblico; mani gentili, occhi azzurri infinitamente accoglienti, chioma mossa castana chiara fino alle spalle, labbra tentatrici per ogni uomo d’onore, il vestiario semplice come quello di una buona madre sempre affaccendata in qualche questione domestica. Evelina, che dal ritorno del marito aveva avuto la pazienza di passare in secondo piano rispetto i compiti di una Guardia, aveva preparato una calda minestra di verdure, piatto preferito di Horu, seguita da una bistecca del miglior vitello della città, e il tutto era già sulla tavola in mezzo al salone circolare della torre ovest. In quel frangente Horu s’accorse della felicità della moglie nel rivederlo e corse verso di lei e si persero in un infinito abbraccio, dopodichè Evelina invitò il marito a sedersi e consumare il pasto, Horu si sedette ma non iniziò a mangiare, guardò, interrogando, la moglie che gli rispose: “ Mio caro, non ho nulla da chiederti, ho sentito il tuo discorso oggi e se c’è dell’altro so già che il tuo onore guiderà il nostro popolo sulla giusta via, ed io come tua moglie non ho intenzione di farti domande a riguardo, voglio solo che tu stasera riposi.”
H: “ Com’è dolce la mia consorte, ti ringrazio per non incupirmi su questioni che già domani m’inonderanno. Ma dimmi dove sono i nostri ragazzi?”
E: “ Il primogenito Rokun è partito un paio di settimane fa col suo battaglione per una esercitazione verso sud. Gilda dorme da un’amica e i due piccini sono già nel letto.”
Horu che aveva iniziato a mangiare mentre ascoltava la moglie chiese ancora, tra una cucchiaiata di minestra e l’altra:” Quando tornerà Rokun? E Gilda? Bisogna stare attenti, è bella come la madre e non vorrei capitasse in brutte situazioni…”
E: “ Nostro figlio non so quando tornerà, ormai è come se non vivesse più qui, sempre impegnato in qualche esercizio militare col battaglione, e per Gilda non preoccuparti, ha ripreso anche altre doti dalla madre, che tu birbante conosci.”
Horu finì il pasto, e la moglie prese le sue vesti e gli preparò un bagno caldo, quindi
H: “ Mio piccolo guerriero, fai piano che la sorellina dorme. Vedremo Zihuku, dovrò affrontare qualche questione, se ne avrò il tempo t’insegnerò ad essere un ottimo spadaccino, così un giorno potrai difendere la piccola Ylenaia. Ora va al letto che è tardi. Buonanotte guerriero.”
Zihuku tornò al letto ed Horu Kazan uscì dalla stanza e si diresse verso quel bagno caldo, ci s’immerse e stette lì, cercando invano di non pensare al domani; dopo un po’ s’alzò, s’asciugò, si preparò per la notte e raggiunse Evelina nel letto, dove si strinsero per cercare intimità al riparo dalle stelle, e infine si coricarono.
Il mattino seguente Horu fu svegliato dai rumori della piazza, che gli fecero capire che non s’era svegliato molto presto, al suo fianco non c’era Evelina, ma poteva sentire l’odore di thè proveniente dalla cucina, e mentre cominciò a scrollarsi il torpore di dosso, ecco arrivare i due figlioletti di corsa verso il suo collo; l’abbracciarono, lo baciarono e fecero sentire tutta la loro felicità per il ritorno del padre, la piccola Ylenaia invitò il padre a recarsi a tavola per colazione; il tempo d’alzarsi e lavarsi, che tutti e quattro erano a fare colazione con una calda tazza di thè e molte specialità culinarie di Evelina. Ma la magia sembra spezzarsi quando la piccola Ylenaia interrogò il padre: “ Papà ora non partirai più, vero?”
Horu rivolse un triste sguardo alla moglie e replicò alla sua adorata figliola: “ Mia piccola principessa, purtroppo avrò molto da fare; bisogna proteggere la città, ed io sono tra quelli che hanno questo difficile compito.”
Y: “ Non è giusto! Sei appena tornato e mi dici che non avrai tempo per giocare con noi, che avrai da fare altro, chissà cos’altro?”
Con una punta d’arroganza Zihuku rispose alla sorellina: “ Quanto sei sciocca!? Nostro padre è una GUARDIA! Anzi un Generale delle Guardie del Palazzo, a volte rispettate più del Garhut stesso. Anch’io un giorno sarò una Guardia!”
Horu fu sorpreso nel vedere la risolutezza del figlio quanto dispiaciuto dalla reazione triste della piccina alle parole del fratellino, ma a quel punto intervenne la vera autorità della casa, Evelina: “Su bimbi, fate presto che altrimenti il maestro non vi farà entrare nella bottega.” A queste parole i due bimbi salutarono i genitori ed uscirono per recarsi alla bottega, luogo d’insegnamento a Tebieshj. Horu finì con calma la colazione, indossò la divisa pulita da Guardia e uscì, non senza salutare con una bacio la sua amata Evelina.
Appena uscito dalla torre, Horu Kazan non potè fare a meno d’ammirare i suoni della piazza, i fabbri, i falegnami, i mercanti di verdure, bestiame, vasellame, i filosofi parlare alla gente curiosa, troppo gli era mancata la città, e troppo aveva cuore quella gente e quei palazzi per non dimenticare i suoi compiti, infatti s’incamminò subito verso il Concilio, senza trascurare la piacevole vista del mercato di Tebieshj, uno dei più forniti. Mentre passeggiava per quei vicoli della piazza, delimitati solo dai banchi dei mercanti, non s’accorgeva di come le persone si scansavano al suo passaggio, ormai gli erano passati troppi anni come Guardia per accorgersi, oltre i doveri, quali privilegi desse la sua carica: il rispetto, non timore, di tutti gli abitanti, soprattutto per
Arrivato ai piedi del Concilio notò con curiosità come Alebax Diyrthum si divertiva nell’addestrare un piccolo gruppo di ragazzini ad usare la spada, ma interruppe il suo addestramento chiamandolo: “Giovane Guardia Alebax, Buongiorno! Questi ragazzi dovrebbero essere dal mastro-bottegaio per le lezioni, ed invece tu l’istighi a non andare a lezione; bel compartamento da Guardia.”
E Alebax, allontanati i giovani, risalutò Horu: “ Buongiorno a te saggio amico! Spero che la tua consorte t’abbia fatto riposare e riprendere le forze.” E aggiunse col sorriso: “O te le ha tolte?”
H: “ Sono stato trattato da vero signore, ma questa è abitudine a casa mia, ma dove sono gli altri due Generali?”
A: “ Quel viscido di Eliaxum Gangashj starà arrivando, è venuto ed ha detto che s’allontanava per poco; mentre Fenzij non so dove sia, ma presumo che anch’egli stia per arrivare.”
H: “ Bene! Aspetta ancora un po’ e se non dovessero arrivare mandali a chiamare; io mi reco un secondo dal fabbro, la mia spada ha bisogno di una battuta.”
A.” Vai Horu Kazan, almeno so dove poterti ritrovare, chissà dove saranno quei due? A fra poco Horu. Ciao!”
Horu salutò Alebax e si diresse verso il fabbro, il quale appena visto il Generale fermò la lavorazione di un’armatura per inchinarsi, ma Horu lo fece rialzare e gli porse la spada. Il fabbro incuriosito chiese: “ Ma Generale Kazan, perché mi consegnate questa spada, forgiata nei monti occidentali dove dimora Fjkransò?”
H: “ Caro mio fidato fabbro, non c’è nessuna lesione da battaglia sulla lama, ma ci sono i segni del tempo, nel viaggio con l’ultimo Garhut è stata troppo tempo nel fodero, fatele sentire il calore della morsa tra incudine e martello per svegliarla e renderle quella forza e luce che le spetta.”
Il fabbro prese allora la spada e iniziò subito ad eseguire quello che Horu desiderava, finito il lavoro, uscì dal suo laboratorio osservò la spada alla luce del sole e disse: “ Ecco mio Generale, ora la sua spada è pronta per la più dura delle battaglie. Tenete!”
H: “ Fabbro ti ringrazio per il servizio.” Nel frattempo arrivò un giovane cavaliere che invitò la Guardia a recarsi al Concilio dove lo stavano aspettando; allora Horu risalutò il fabbro e s’avviò verso gli altri tre Generali per discutere delle stesse cose dette appena il giorno prima, ma ora bisognava agire o pianificare per dividere i compiti fra i Generali, l’unica cosa certa era che Fenzij Hurumanè sarebbe andato ad indagare verso Nord.
Precedenti Capitoli de "L'ultimo viaggio di un re":
1)La morte di Jeko Gblish
2)Il ritorno a Tebieshj di Horu Kazan
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