giovedì 11 gennaio 2007

Sfogo di odio sociale


La situazione è difficile, non so se sto esagerando, ma è difficile. Io la flessibilità sul lavoro la capisco, o almeno faccio finta di capirla, il mondo cambia, le persone cambiano e il modo di lavorare anche. Ma a me sembra che questa storia della flessibilità sia solo un modo, architettato non so da chi, per creare un ulteriore distacco sociale nei vari paesi dove piomba, o già esiste, l’economia capitalista. È improponibile un rinnovo contrattuale ogni 15 giorni, almeno qualche mese.

La cosa buffa che a parlar di flessibilità sono loschi individui, NOSTRI RAPPRESENTANTI, che, nella migliore dell’ipotesi, hanno qualche intrallazzo con un paio di banchieri o grandi industriali, i loro figli di PRECARIATO non sanno nulla, tanto il papi paga le tasse ad una facoltosa università e un giorno lo inserirà in qualche buon posto manageriale.
Mentre sto scrivendo, m’accorgo che tra quello che trascrivo e quello che sto pensando, emerge un po’ d’odio sociale, ebbene si, sto scrivendo spinto dalla delusione, l’incertezza del futuro, lo schifo nel veder coetanei che non hanno la benché minima idea di un’ora di lavoro, mentre da ragazzino mi toccava scaricare e mettere a posto le merci in una piccolo bottega. Non è invidia, odio magari si, le due cose sono ben diverse, infatti non invidio nessuno, nel senso cattivo della parola, al massimo:-Beato lui!-
Ma non provo invidia perché ci sono cose comprensibili solo da alcune persone e tra queste il “figlio di papà” proprio non ci sta; ah che belle soddisfazioni quando oltre il soldo non c’è nient’altro, in discussioni accese vedere i “figli di papà” cadere dal piedistallo, certo non è che siano tutti così, ma nella mia esperienza ho testato ciò.
Siamo tutti uguali, nasciamo tutti con le stesse possibilità. A queste cose ho creduto, e ancora rimane speranza, ma penso che non sia vero, non è vero che abbiamo tutti le stesse possibilità, chiedetelo a chi non ha fatto l’università per motivi economici, chiedetelo a chi DEVE lavorare mentre l’amico va in vacanza, chiedetelo a chi deve rinunciare a tante cose, anche a quelle futili(perché qualcosina di futile ci vuol pure nella vita), perché non ha i soldi, chiedetelo a chi non ha soldi per offrire da bere ad una ragazza, chiedetelo.

Il mondo cambia. Ma che significa? Siamo noi a cambiare, siamo noi a diventare sempre più indifferenti verso tutti e tutto; il mondo sta cambiando? Bene, ma prima o poi cambierà a favore dell’oppresso? Spero e mi auguro di si, altrimenti ha ragione un mio amico, la prossima guerra mondiale non sarà fra Stati sovrani, ma tra ricchi e poveri.

2 commenti:

  1. Di primo acchito non collegavo la foto al post.
    Quando parli di diseguaglianza di classe parli di un fattore genetico, sempre esistito, e sempre esisterà. Forse l'unica via, ed è un consiglio per la classe benestante, è contenere la forbice di diversità tra le due classi, sunto di una ben più complessa idea che base le sue fondamenta sul fatto che il ricco per diventare più ricco, allo stato attuale, deve far diventare il povero, benestante, per un futuro riprendersi il tutto. Ma colui che ritrai in foto, ci lasciò delle frasi di una lungimiranza impressionante; ne cito una a noi cara:

    “Dobbiamo costruire le condizioni che conducano al passaggio dal regno delle necessità a quello della libertà, viaggio allucinante dall’io al noi.
    E questo viaggio non lo può fare il capitalismo, perché sacrifica al diritto di proprietà gli altri diritti e organizza la vita come una corsa di lupi, identifica la libertà degli affari con la libertà delle persone”.

    (E. G. de la Serna)

    Un buon fine settimana.

    X Staff

    Robert Allen

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  2. Bellissima citazione, Robert. 8-]

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